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martedì 27 gennaio 2009

Quattro chiacchiere con... Boris Pahor

Presentato da Paolo Segatti
Martedì 27 gennaio 2009, ore 17
“Uno sguardo sulle dittature vissute del ventesimo secolo”

La rassegna culturale Quattro chiacchiere con…, organizzata dalla Biblioteca Bonetta Sezione Ragazzi a cura di Costantino Leanti in collaborazione con la libreria CLU, riprende la sua attività di diffusione capillare di temi di ampio interesse conoscitivo dopo la consueta pausa per le festività natalizie. Una ripresa posticipata rispetto agli anni scorsi, in quanto le abbondanti nevicate cadute su Pavia nei primi giorni del 2009 hanno costretto alla sospensione e allo spostamento a nuova data dell’incontro con l’umorista Walter Fontana, previsto per il 7 gennaio.
Il prossimo appuntamento, secondo il calendario regolare presentato lo scorso autunno, è fissato per martedì 27 gennaio alle ore 17, ma non più in Santa Maria Gualtieri, come previsto inizialmente: a causa della chiusura dell’auditorium sede abituale delle conversazioni per ristrutturazione, il pubblico dovrà recarsi nella prestigiosa Aula Magna dell’Università. L’argomento in questione è ovviamente la celebrazione del Giorno della Memoria, con un ospite di prestigio internazionale - presentato da Paolo Segatti, docente di Sociologia dei Fenomeni Politici presso l’Università Statale di Milano – che ripercorrerà sulla base della sua esperienza diretta di vita la storia e la quotidianità di un cittadino sotto tre diverse dittature, fascismo, nazismo e comunismo: Boris Pahor, il maggior scrittore italiano in lingua slovena, nato a Trieste nel 1913. Laureatosi in Lettere all’Università di Padova, si dedica all’insegnamento della letteratura italiana nella sua città natale. Nel 1940 viene mandato a combattere sul fronte in Libia e dopo l’armistizio, tornato a Trieste sotto occupazione nazista, si unisce ai reparti partigiani della Venezia Giulia; nel 1944 venne catturato e internato in vari campi di concentramento in Germania, a Dachau e Bergen Belsen. Finita la guerra, torna a Trieste aderendo a numerose attività culturali dell’associazionismo cattolico di matrice non comunista e diviene il principale redattore della rivista triestina Zaliv e opera nel corso degli anni una strenua attività di denuncia, assieme al poeta Edvard Kocbek, del massacro di dodicimila prigionieri di guerra appartenenti alla milizia anticomunista slovena, perpetrato dal regime titino nel maggio del 1945. Il libro che raccoglieva queste testimonianza provocò una durissima reazione della autorità di Belgrado, che proibì le opere di Pahor sul suo territorio, oltre a vietargli l’ingresso nel Paese. Grazie alla sua rilevanza letteraria e alla sua dirittura morale, Pahor divenne il punto di riferimento per le giovani generazioni di autori sloveni: le sue opere furono tradotte in numerose lingue e conosciute dal pubblico internazionale che decretò in particolare il successo di Necropoli, il romanzo autobiografico dedicato alla sua prigionia nel campo di Natzweiler-Struthof. La sua attività costante di testimonianza gli ha consentito di ricevere nel maggio del 2007 la Legion d’onore francese e il Premio Preseren, massima onorificenza slovena nel campo culturale.

                                                                                                          Emilio D’Adamo
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Boris Pahor - (Trieste, 26 agosto 1913) è uno scrittore italiano in lingua slovena. Pahor nasce a Trieste, allora porto principale dell'Impero Austro-Ungarico. A sette anni vide l'incendio del Narodni dom, sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste. L'esperienza lo segnò per tutta la vita, tornandovi spesso nei suoi romanzi e racconti. Finita la scuola media frequentò il seminario di Capodistria che non terminò. Dopo essersi laureato in Lettere all'Università di Padova, torna nella sua città natale dove si dedica all'insegnamento della letteratura italiana. Stabilisce stretti rapporti con alcuni giovani intellettuali sloveni di Trieste; tra questi spiccano le figure del poeta Stanko Vuk, di Zorko Jelinčič, confondatore della organizzazione antifascista slovena TIGR (e padre dello scrittore Dušan Jelinčič) e dei pittori Augusto Černigoj e Lojze Spacal. Negli stessi anni incomincia il carteggio con il poeta e pensatore personalista sloveno Edvard Kocbek, nel quale riconoscerà un'importante guida morale ed estetica. Nel 1940 viene arruolato nell'esercito italiano e mandato sul fronte in Libia. Dopo l'armistizio dell'otto settembre torna a Trieste, ormai sotto occupazione tedesca. Dopo alcuni giorni decide di unirsi alle truppe partigiane slovene che operavano nella Venezia Giulia. Nel 1955 descriverà quei giorni decisivi nel famoso romanzo Mesto v zalivu ("Città nel golfo"), col quale diventerà celebre nella vicina Slovenia. Nel 1944 fu catturato dai nazisti e internato in vari campi di concentramento in Francia e in Germania (Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen). Finita la guerra, torna nella città natale, aderendo a numerose imprese culturali dell'associazionismo cattolico e non-comunista sloveno. Negli anni cinquanta, diventa il redattore principale della rivista triestina Zaliv (Golfo) che si occupa, oltre a temi strettamente letterari, anche di questioni di attualità. In questo periodo, Pahor continua a mantenere stretti rapporti con Edvard Kocbek, ormai diventato un dissidente nel regime comunista jugoslavo. I due sono legati da uno stretto rapporto di amicizia. Nel 1975 Pahor pubblica, assieme all'amico triestino Alojz Rebula, il libro "Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca" (Edvard Kocbek: pričevalec našega časa). Nel libro-intervista, pubblicato a Trieste, il poeta sloveno denuncia il massacro di 12.000 prigionieri di guerra, appartenenti alla milizia anti-comunista slovena (domobranci), perpetrato dal regime comunista jugoslavo nel maggio del 1945. Il libro provoca durissime reazioni da parte del governo jugoslavo. Le opere di Pahor vengono proibite nella Repubblica Socialista di Slovenia e a Pahor viene vietato l'ingresso in Jugoslavia. Grazie alla sua postura morale e estetica, Pahor diventa uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni, a cominciare da Drago Jančar. L'opera più nota di Pahor è Necropoli, un romanzo autobiografico sulla sua prigionia a Natzweiler-Struthof. Le sue opere sono tradotte in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese. Nel maggio del 2007 è stato insignito con la onorificenza francese della Legion d'onore, il Premio Prešeren, maggiore onorificenza slovena nel campo culturale (1992) e il San Giusto d'Oro 2003. Il 17 febbraio 2008 è stato ospite nella trasmissione televisiva "Che tempo che fa" di Fabio Fazio. Pahor vive e lavora a Trieste.

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